[MontelLUG] Difference engine: Free is too expensive

Samuele samuele.zanin a tiscali.it
Dom 8 Apr 2012 17:39:32 CEST


On 07/04/2012 15:43, Syslac wrote:
> Il 06 aprile 2012 21:05, Stefano Fraccaro <stefano.fraccaro a gmail.com>
> ha scritto:
> 
> Nessun mistero sul fatto che in ambito enterprise questa sia una
> limitazione enorme, e non mi permetterei mai di mettere in discussione
> quello che anni di esperienza hanno insegnato a molti, dall'altra
> parte non è un mistero che Linux non è nato per l'enterprise e imo
> sarebbe limitativo considerarlo solo da quel punto di vista.

Infatti, non c'è solo l'ambiente enterprise, ci sono gli utenti
domestici e tutti quelli che lo usano per applicazioni custom (dai
supercoputer al forno a microonde).

> Vogliamo qualcosa di uguale per tutti? Magari anche poco
> personalizzabile, perché sia mai che l'utente si permetta di decidere
> cosa vuole? Beh, credo che OSX si stia muovendo in questa direzione da
> tempo, e Ubuntu lo segue da vicino per chi proprio non vuole
> abbandonare il pinguino.

Non si sta discutendo su avere qualcosa di identico per tutti e poco
personalizzabile. Quello che io vedo come una limitazione, è avere la
configurazione delle interfaccie di rete in 3 posti diversi, su file
diversi e con sintassi diverse a seconda della distribuzione che ho.
Quando installo un programma, alcuni vanno in /opt, altri in /usr ecc.
Se voglio una versione del software x diversa da quella inclusa nei repo
della distro, a volte ci riesco, altre è un bagno di sangue.
Il fatto che accennava stefano della chiavetta umts a me è capitato con
uno scanner ed una scheda wifi.
Francamente sono cose che fanno girare le palle, non tanto perché è una
questione tecnica, ma di disorganizzazione.

> Personalmente, il momento in cui linux si ridurrà a "poche
> distribuzioni ma più curate", sarà il momento di guardare altrove,
> come utente casalingo.

Qui non si sta dicendo che tutte le distribuzini debbano usare lo stesso
ambiente desktop, con le stesse impostazioni ecc, ma di eliminare quelle
differenze che creano SOLO casini ed ostacolano lo sviluppo.

> Capisco (almeno, credo :D) che per un'azienza ci sia la necessità di
> una base solida, invece, ma in fondo soluzioni come RHEL dimostrano
> che costruire piattaforme del genere è possibile senza intaccare la
> varietà del resto dell'ecosistema Linux.

Quindi, che facciamo, diciamo a tutti in ambito aziendale di installare
RHEL?
Una domanda, cosa spinge i produttori di software commerciale a non
sviluppare anche per linux?
Due esempi che mi vengono in mente al volo. I software vari per cad e la
suite di Photoshop & co.
Nel caso di autocad, solid works & co, li ho quasi sempre visti
installati su macchine supercarozzate, dove non installano null'altro
per paura che i suddetti software abbiano problemi, inoltre è il
software che viene usato per il 95% del tempo su quelle postazioni.
Qundi per l'azienda che deve comprare il cad, che giri su windows, mac o
la versione più sfigata di *nix cambierebbe poco, tanto quella macchina
sarebbe dedicata unicamente a quel software.
Perché gira solo su windows?
Nel caso dei software adobe, sono nati su mac e portati poi su win,
adesso che mac è più simile ad uno *nix che ad un windows, come mai
fanno il porting su windows e non su linux? Qualche anno fa ho seguito
un una certa frequenza, gruppi di discussione su video e foto.
Chi poteva passava al mac perché il sistema gli dava meno rogne rispetto
a win.

> Cioè, la domanda che mi pongo io è: senza dubbio se ci fosse "un solo
> Linux, standard" sarebbe più facile farlo accettare da tutti, ma
> sarebbe veramente tecnicamente valido quanto le miriadi di alternative
> che abbiamo oggi? (*solo pensando ad una Ubuntu w/ Unity che sia
> sempre stata lo standard mi vengono i brividi).

Il problema della troppa frammentazione, porta prorio ai casini che ci
sono adesso con Ubuntu e Unity. Molti si sono spostati li per avere
un'interfaccia comune, una volta imparata ad usare una ubuntu era molto
probabile che se andavi su di un'altra macchina con linux, questa avesse
ubutu e l'utente sapeva come comportarsi.
Adesso che ubuntu non si sa come si muoverà, molti si trovano spaesati.
L'utente casalingo, aziendale cerca stabilità, uniformità.
L'utente smanettone, è pronto a provare cose nuove, a sperimentare,
magari anche ad installarsi le versioni in test. Per un po'. Dopo che ha
fatto un po' di volte la solita tiritera di installa, riconfigura,
bestemmia perché la stampante/scanner non va, il driver della scheda
video non si installa più perché è diventata troppo vecchia, installare
flash è un'acrobazia ecc., fa come l'utente casalingo, sempre che non
decida di passare ad altri lidi, e così potersi concentrare su quello
che è il proprio interesse che lo porta ad usare il computer.
Penso sia successo a tutti che appena arrivato il computer nuovo, lo si
configura tutto a puntino, gli si installano tutti i programmi che
servono ecc, e lo si fa funzionare come un orologio svizzero. Fatto una
volta, non vuoi rifarlo ogni x mesi.

> Sull'articolo originale non commento, perché devo ancora capire se ce
> l'ha con i rilasci semestrali, con le nuove interfacce, con le
> alternative disponibili, con il fatto che un pc è pià difficile da
> usare di uno smartphone, con la comunità... sembra veramente
> un'accozzaglia delle critiche generiche che si sentono in rete su
> Linux buttata lì a random, senza filo conduttore.

Punti di vista.

> Syslac, che si unisce agli attacchi ad-hominem al "your correspondent"
> più che volentieri, visto il mare di genericità trovato.

Su due righe, italiano, inglese e latinorum?






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